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Gianvito Vilé: ll laboratorio al Politecnico sulla chimica in flusso sta diventando realtà

Il premio Felder lo ha riportato in Italia e ora Gianvito Vilé (che dal 2019 è stato inserito nella lista annuale degli “Scienziati più influenti in Ingegneria Chimica” della Società Chimica Americana) a tre anni da quel premio non si è fermato, vincendo altri prestigiosi riconoscimenti. E ha una speranza: che il suo laboratorio, al Politecnico di Milano, possa diventare un punto di riferimento in Italia e in Europa nel settore della catalisi e chimica in flusso.

Un bilancio di questi tre anni

Sono felice di quello che abbiamo raggiunto in questi anni. Parlo al plurale perché con Fondazione Politecnico e Fondazione Bracco abbiamo lavorato molto insieme. Ora ci stiamo focalizzando, fra le altre cose, su un progetto  per il recupero catalitico dello iodio da  reflui industriali e ospedalieri.

Che impatto avranno le tue ricerche in futuro?

Le mie ricerche sono incentrate sulla tematica del Green Deal: rendere “verdi” i processi produttivi, con riferimento a quelli    farmaceutici. Le nostre attività hanno un impatto importante sulla sostenibilità. L’industria farmaceutica produce    scarti di reazione che finiscono nei corsi d’acqua. I catalizzatori potrebbero rendere le reazioni chimiche più pulite e i processi di produzione farmaceutica meno impattanti sull’ambiente. Nelle mie ricerche c’è anche un aspetto di ricerca di base: il primo passo per sviluppare nuovi catalizzatori è comprendere come questi materiali siano fatti, come reagiscono.

Quali premi hai vinto negli ultimi mesi?

Una cosa che mi rende molto orgoglioso è che dal Premio Bracco sono nati altri riconoscimenti che mi permetteranno di continuare il lavoro iniziato nel 2020. Ho vinto  il primo ERC Starting Grant del mio dipartimento    del valore di 1.5 milioni di euro. Si tratta di un premio di eccellenza della ricerca perché si compete con i migliori in Europa. E’ un progetto che studierà una classe di nanocatalizzatori innovativi di cui ancora oggi non si conosce bene la struttura e la reattività. Il progetto ERC andrà a comprendere meglio il modo in cui questi materiali di frontiera sono fatti e reagiscono , colmando  con il mio team   alcune lacune su queste tematiche. Successivamente  due Marie Skłodowska-Curie postdoctoral grants che hanno permesso a due studenti stranieri (con PhD all’Università di Cambridge e all’Indian Institute of Technology) di venire al Politecnico   con un assegno di ricerca di due anni ed entrare a far parte del mio gruppo. I due progetti riguardano lo studio di processi sostenibili mediati da catalizzatori ad atomi singoli. Sono anche coinvolto come partner lato Politecnico nel progetto “SusPharma”, coordinato dall’università di Bari, e sono il coordinatore di un Marie Skłodowska-Curie doctoral network “GreenDigiPharma”. Anche questi due progetti prevedono di studiare processi catalitici in continuo per la sintesi di intermedi farmaceutici.

 Che valore hanno per te questi riconoscimenti in un Paese fanalino di coda per la ricerca?

Credo in generale che questo sia un momento favorevole per la ricerca in Italia, nelle più svariate sfaccettature. E’ un momento di slancio. Quello che serve è stabilità, sapere che non si è trattato di misure straordinarie, ma che il PNRR sia un trampolino di lancio per il sistema Paese, per fare quell’innovazione indispensabile e non più rimandabile, e che si continuerà a finanziare la ricerca in modo importante anche dopo il 2027.

In Italia c’è sempre stato il problema di attrarre ricercatori stranieri. Nel mio caso mi sento fortunato perché il mio gruppo è davvero internazionale e conta al momento 6 nazionalità. Studenti che hanno deciso di venire al Politecnico perché hanno creduto nella nostra ricerca. Sono davvero contento di questo risultato. Sono orgoglioso anche perché al Dipartimento di Chimica abbiamo portato una competenza di catalisi eterogenea, di chimica in flusso e spero che questo laboratorio diventi un riferimento a Milano e perché no in Italia su queste tematiche.

Hai ancora un sogno nel cassetto?

Penso che l’opportunità che mi è stata data  rappresenti un grande valore perché mi permette di fare ricerca su tematiche innovative in modo indipendente con mezzi, laboratori e spazi. Il Politecnico, insieme alla sua Fondazione e a Fondazione Bracco, sono stati pionieri in questo. Queste attività portano benefici a tutti, all’università e alla società. Sarebbe bello se in tutti gli atenei italiani si adottasse questo metodo. Questo è il mio sogno. Attrarre ricercatori dall’estero o, come nel mio caso, far tornare qualcuno dall’estero darebbe nuova linfa anche all’interno delle università. Abbiamo bisogno di scambio di idee e che i giovani siano indipendenti con le loro ricerche.

Nella foto Gianvito Vilé con il suo gruppo di lavoro al Politecnico di Milano